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CCH BIO
Imprendibile. CCH trova randomicamente nel quotidiano, nel cinema e nella letteratura singoli episodi a cui rendere una seconda vita artistica: l’immagine che innesca l’immaginazione, puro flusso incontrollato di stimoli poetici e visivi che si fissa nella mente dell’artista.
I suoi lavori prendono le mosse a partire dall’esperienza personale: opere che ribaltano il concetto di “segnale” costituendosi come «opere d’arte aperte», rappresentano nient’altro che selezioni estratte dalla memoria letteraria, cinematografica e visuale di CCH. Una produzione fluida e mobile che nega l’aspettativa estetica del pubblico mettendo in scena di volta in volta uno spettacolo differente, del quale è lasciato sospeso il significato.
Nato a Livorno nel 1968, CCH si lega molto presto ai film di Federico Fellini, alla comicità e al trasformismo di Andy Kaufman, alla letteratura di Edoardo Sanguineti e Giorgio Caproni, a Jung e alla sua Autoanalisi; in un mondo onirico che lo stesso artista stimola attraverso il tema del sogno, l’immaginario magico, il consulto dei Ching. La frequentazione di Luciano Inga Pin e Rosanna Chiessi lo introduce al nuovo corso artistico dei primi anni Duemila, trionfo di poetiche asciutte e immediate. Nel 2012 Alessandro Rabottini lo seleziona per il 13 Premio Cairo, mentre nel 2016 espone a Milano presso la Galleria Giovanni Bonelli in In Space No One Can Hear You Laugh a cura di Clarissa Tempestini, curatrice anche di IBRIDA, alla quale CCH partecipa nel 2018; nello stesso anno è protagonista di una doppia personale presso Palazzo Monti a Brescia. Nel 2020 partecipa a COLORE-ASTRATTO-INFORMALE a cura di Fabio Cavallucci presso VÔTRE spazi contemporanei a Carrara. Del suo lavoro scrivono critici come Paolo Emilio Antognoli Fabrizio D’Amico, Vincenzo Farinella e Matteo Mottin.