Dalla sua prima partecipazione a un’esposizione collettiva nel 1961 e dalla sua prima personale nel 1964 ha tenuto innumerevoli mostre in gallerie e musei di tutto il mondo.
Tra le maggiori antologiche si ricordano quelle al Palazzo della Pilotta a Parma (1976), allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1980), al Nouveau Musée di Villeurbanne (1984), alla Staatsgalerie di Stoccarda (1986), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1988), alla Neue Galerieam Landesmuseum Joanneum di Graz (1998), alla Fondazione Prada a
Milano (2003), al Kunstmuseum di Winterthur (2005) e alla Whitechapel Gallery a Londra (2014). Ha partecipato a diverse mostre di arte povera ed è stato invitato più volte alla Documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1992) e alla Biennale di Venezia (1970, 1976, 1978, 1980, 1984, 1986, 1993, 1995, 1997, 2013).

Il suo lavoro è rappresentato in
numerose collezioni pubbliche internazionali.Grafico di formazione, ha sempre nutrito un particolare interesse per il campo editoriale e la pagina scritta. Fin dall’inizio ha accompagnato la sua ricerca artistica con riflessioni
raccolte in libri curati in prima persona: da Idem, pubblicato nel 1975 da Einaudi (Torino) con un’introduzione di Italo Calvino, a Quattro passi. Nel museo senza muse, uscito nel 2006 presso lo stesso editore, e L’autore che credeva di esistere, pubblicato da Johan & Levi (milano) nel 2012.Dal 1969 ha realizzato anche scene e costumi per rappresentazioni teatrali, tra cui si
distinguono i progetti ideati con Carlo Quartucci negli anni Ottanta e le recenti scenografie per due opere di Richard Wagner per la regia di Federico Tiezzi (2005, 2007).

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OPERE

Matita su carta, 2006
Matita e collage su carta, 50 x 40 cm
Numero d’archivio GPC-1071

La riproduzione a colori di un volto femminile è parzialmente nascosta da un riquadro bianco, associato alla mano come se la figura lo trattenesse davanti a sé. Sull’immagine e sull’area perimetrale del foglio di supporto sono inoltre sparsi i frammenti lacerati di un disegno, prelevato da un manuale dedicato al ritratto, in modo che, in corrispondenza del volto, sembrano talora coincidere con l’immagine.
L’identità celata della figura trova un riscontro nell’immagine illeggibile del disegno: l’una e l’altro sottraggono al nostro sguardo la visione di un soggetto integro.
L’opera fa parte di una piccola serie di tre varianti coeve (GPC-1069, GPC-1970, GPC-1971).


L’Efebo (I), 2024
Matita e collage su carta, 70 x 50 cm
Numero d’archivio GPC-2434

Hippolyte Flandrin, Jeune berger assis, 1834, olio su tela, 174.7 x 125 cm, Musée des Beaux-Arts, Lione (riproduzione tratta da Canova, Thorvaldsen: la nascita della scultura moderna, a cura di Stefano Grandesso, Fernando Mazzocca, catalogo della mostra, Gallerie d'Italia - Skira, Milano 2019, p. 308).

L’Efebo (II), 2024
Matita, matita rossa e collage su carta, 70 x 50 cm
Numero d’archivio GPC-2435

Fonti
Hippolyte Flandrin, Jeune berger assis, 1834, olio su tela, 174.7 x 125 cm, Musée des Beaux-Arts, Lione (riproduzione tratta da Canova, Thorvaldsen: la nascita della scultura moderna, a cura di Stefano Grandesso, Fernando Mazzocca, catalogo della mostra, Gallerie d'Italia - Skira, Milano 2019, p. 308).